Situazione attuale e Attività sul campo
Anche ad aprile nei Territori Occupati vi sono stati numerosi attacchi dell’esercito israeliano e dei coloni contro la popolazione palestinese.
Operazione Colomba ha continuato ad accompagnare i palestinesi nella loro resistenza quotidiana nelle colline a sud di Hebron, lungo i pascoli, anche cercando di recuperare l’accesso a terre che altrimenti sarebbero perse.
Particolarmente significativi sono stati cinque episodi. Il 13 aprile un gruppo di coloni ha messo in atto un pogrom nei confronti del villaggio di Halawe, nella Firing Zone 918, una zona di addestramento militare istituita dall'esercito israeliano in territorio palestinese. Il villaggio è pressoché irraggiungibile per i gruppi di attivisti internazionali presenti nell'area, per via del divieto di entrare nella zona militare, pena il rischio di arresto. Le firing zone – sulla carta a esclusivo accesso militare, nei fatti abitate da coloni nazional-religiosi violenti – sono una delle strategie di occupazione di terre e di pulizia etnica della popolazione palestinese. Halawe, come il mese scorso Jinba, ha subìto l’attacco nella più totale invisibilità e impunità. Due ragazze minorenni sono state malmenate e otto palestinesi sono stati arrestati.
Il 17 aprile due coloni armati hanno invaso la terra di un palestinese del villaggio di Ar-Rakeez per appropriarsene, dopo giorni di intimidazioni e danneggiamenti degli ulivi. Come le volte precedenti, il proprietario si è recato sulla terra con uno dei suoi figli per difenderla. Uno dei due coloni ha iniziato a picchiare il ragazzo (16 anni), atterrandolo e prendendolo a calci. Di fronte alla violenza, il contadino palestinese (60 anni) è corso in direzione del figlio per proteggerlo, ma non ha fatto in tempo a raggiungerlo: l'altro colono, armato di fucile da guerra, gli ha sparato al polpaccio. In ospedale gli è stata amputata la gamba per salvargli la vita. Inoltre, i due palestinesi sono stati arrestati immediatamente: l'uomo ammanettato al letto di ospedale, sorvegliato a vista, il ragazzo in un carcere minorile. Tre giorni dopo, di fronte a una corte militare sono stati rilasciati su pagamento di una cauzione di 1.000 shekel (850 euro). I giorni successivi al tentato omicidio, i coloni, tra cui anche l’autore dello sparo, sono tornati quotidianamente sul posto. Il 20 aprile la famiglia, riunitasi al villaggio per presidiare il terreno, ha deciso di chiamare la polizia israeliana per denunciare i coloni ma, giunta sul posto, la polizia ha intimato alla comunità palestinese di non chiamarla più, asserendo che quella sia terra israeliana. Il 24 aprile il palestinese vittima dell’attacco è tornato a casa. Nel suo primo discorso ha manifestato l'intenzione di tornare sulla sua terra, anche senza una gamba, perché quella è la terra a cui appartiene e la difenderà anche se questo dovesse significare la morte.