Nella foto un pastore nella sua valle, la valle di Rakees, che pascola spingendosi fino al crinale, fino al luogo oltre il quale altri essere umani hanno deciso che lui non può più andare, non ha più questa libertà, sulla sua terra.
È stato tracciato un confine netto, agli occhi molto forte, questa volta non fatto di pietre, recinti o fili spinati, ma di bandiere.
Abusando di un potere che non ha nulla a che vedere con il diritto e l'umanità, a questo pastore viene tolto il diritto di muoversi, di abitare, di dormire senza paura di essere ucciso, picchiato, umiliato, di ricevere protezione da uno Stato che non lo riconosce neanche come essere umano, figuriamoci come cittadino.
Questo pastore si chiama Abu Arun, letteralmente padre di Arun, il primogenito.
Arun però non esiste più, è stato ucciso da una soldatessa israeliana con un colpo di pistola al collo, solo per aver difeso da una confisca il proprio generatore di corrente elettrica il 1° gennaio 2021.

Leggi tutto...

Quando faccio un passo indietro non sto perdendo contro l’occupazione. Me lo devo scrivere, per imprimerlo nella memoria.
I bambini di Tuba, gli shebab e i palestinesi ne hanno fatti di passi indietro, ma non si sono mai arresi. Per attuare una resistenza bisogna avere pazienza e lungimiranza. Fare un passo indietro per poi un domani farne mille avanti. Perché ne servono mille per riprendersi quella strada. Ma serve che si facciano nel giusto momento.
I soldati l’altro giorno ci hanno minacciato di fermare i bambini che stavano scortando. Li scortano per accompagnarli a scuola, per proteggerli dai civili israeliani che li attaccano con pietre, bastoni e coltelli.
Dovevamo spostarci, fare un passo indietro; esattamente un passo dietro al muretto, quello che segna il “confine di Havat Ma’on”, la terra dei coloni. Quel passo indietro ha un significato profondo, vuol dire che quella terra, libera e palestinese, vogliono che diventi un arido pezzo della colonia, pieno di razzismo e violenza. Rabbia, frustrazione e impotenza. Ma i bambini la scuola la devono raggiungere, devono studiare, devono fare quel passo avanti con la gamba che da anni l’occupazione cerca di amputare: l’istruzione, il gioco, la socialità.

Leggi tutto...

Martedì 10 ottobre 2023.
Volevo scrivere questo pezzo da un po', ma non ho avuto tempo.
Ecco cosa fa l'occupazione, non ti lascia tempo per scrivere, pensare, sognare, perché vivi nell’incertezza.
Non sai cosa accadrà tra una settimana, ma neanche domani.
Come quando le “colombe” si sono svegliate con gli attacchi da Gaza verso Israele, ed è stato subito un correre.
Correre per andare a filmare coloni armati fino ai denti che minacciano e dettano legge, o soldati che caricano e picchiano, perché sono arrabbiati con i palestinesi, come se tutti avessero premuto il grilletto o lanciato razzi.
E anche tu, volontario, sei visto peggio perché sei con loro che sono considerati tutti terroristi.
I livelli di tensione non sono mai stati così alti; coloni e soldati sono ciechi di rabbia e odio, e al villaggio se ne stanno già vedendo gli effetti. I campi sono stati danneggiati da coloni con il bulldozer, molto materiale è stato sequestrato e volano proiettili di avvertimento se ci si avvicina alle proprie terre.

Leggi tutto...

Giovedì 28 settembre 2023.
Sono tornata frastornata da questo viaggio incredibile in Palestina, come quando si riemerge in superficie dopo un’immersione in mare e finalmente si torna a respirare a pieni polmoni. I pochi giorni del viaggio sono stati così pieni e intensi che mi è sembrato che le giornate durassero 48 ore e che la mia vita scorresse al doppio della velocità normale.
Ma del resto in Palestina – a dispetto della cultura che si perpetua generazione dopo generazione, al ritmo lento delle tradizioni – la vita quotidiana scorre velocissima: ogni giorno potrebbe essere l’ultimo per calcare il suolo del proprio uliveto, o per abitare la propria casa, o per pregare nella moschea sotto casa. Non c’è tempo per stare a piangersi addosso: la vita è adesso, e ciascuno sa benissimo che per garantirsi il mantenimento dei propri Diritti – per quanto già molto compressi – dovrà fare la sua parte, che sia un ragazzino che va a scuola, o un anziano che vuole solo raccogliere le olive nel proprio giardino.
Ho avuto la fortuna di incontrare chi ha deciso di sfidare questa situazione e per questo corre come un atleta; qualcuno batte lo scorrere accelerato degli eventi in velocità, qualcun altro in resistenza, qualcuno in strategia, come un pugile intelligente che studia le mosse altrui per prevenire il colpo fatale sul ring.

Leggi tutto...

Operazione Colomba è il Corpo Nonviolento di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII presente da 21 anni in Palestina, dapprima nella Striscia di Gaza e dal 2004 nel Masafer Yatta, a sud di Al-Khalil/Hebron.

In questi 21 anni centinaia di volontarie e volontari di Operazione Colomba hanno vissuto 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno accanto alla popolazione palestinese supportandone la resistenza nonviolenta alle sistematiche violazioni dei diritti umani perpetrate da esercito e coloni israeliani.

In questi 21 anni abbiamo osservato, documentato, denunciato tali violazioni producendo migliaia di ore di riprese video, centinaia di comunicati stampa, decine di incontri con le istituzioni italiane e internazionali, decine di articoli sulla stampa italiana e estera, centinaia di ore di incontri pubblici.

In questi 21 anni abbiamo incontrato e instaurato forti legami di fiducia e amicizia con centinaia di palestinesi e israeliani. È insieme a loro che, con profonda preoccupazione e immenso dolore, assistiamo impotenti agli eventi e piangiamo i morti. La loro richiesta di porre fine a decenni di occupazione della Palestina per arrivare ad una pace giusta e stabile è ora più che mai inascoltata e messa a tacere dal rumore assordante delle armi.

Sentiamo ora che le energie di tutti noi impiegate in questi 21 anni rischiano di essere definitivamente calpestate e tradite dalla violenza delle armi e dall’arroganza di chi, pur potendo, non ha mai agito per fermarle.

Ci addolora assistere a questa attenzione distorta dei media, che della questione palestinese parlano solo ora che scorre il sangue, che il numero di morti cresce giorno dopo giorno, da una parte e dall'altra, tacendo sul fatto che la catastrofe umanitaria per i palestinesi a Gaza non è iniziata oggi ma persiste da decenni.

Ora e finché sarà necessario rimaniamo dove è giusto stare e dove siamo stati in questi 21 anni: accanto a chi soffre e resiste alla violenza.

Operazione Colomba

[Foto: Yahya Hassouna/AFP]

[ENGLISH]

[ESPAÑOL]