Una città stupenda, il porto con i silos del grano in partenza per il mondo, la scalinata Potëmkin, simbolo della città che guarda al mare, i viali alberati, la gente per strada che prova a vivere, piccoli locali con musica il più delle volte italiana, Battiato, Mina, Celentano… palazzi che raccontano la memoria, l’accademia nazionale di teatro, le grandi arterie del centro piene di storia, la stazione dei treni maestosa, sembra così lontana la guerra… ma non è così, ieri sera gli allarmi, i soliti allarmi e le esplosioni, verso il mare, qui vicino.

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Due giorni a Mykolaïv, la "città dei costruttori di navi".
Per questo ha grandi viali, così il principe Potëmkin l’ha pensata già dal XVIII secolo.
Qui si respira la storia di una delle più grandi città della moderna Ucraina, una storia che parte dal XIII secolo a. C.

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Scrivo queste righe a poca distanza da una stanza che ospita circa 30 persone che hanno dovuto abbandonare le loro case perché costantemente a rischio di attacchi da parte dell'esercito russo. Scrivo poco dopo che due uomini, in una base militare a migliaia di chilometri da questo Paese, hanno discusso della vita di migliaia di persone come delle clausole di un contratto immobiliare.

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Mykolaïv, ore 21:30, suona di nuovo l’allarme, il pensiero va subito a dove sarà l’attacco, a chi lo subirà, ad altre distruzioni e ad altri morti che andranno ad aggiungersi ad una lista senza fine.
Torniamo nel rifugio, ora più confortevole rispetto a tre anni fa, ma pur sempre un luogo “sottoterra”; la luce laggiù, in fondo al corridoio, sembra ogni giorno più vicina ma, invece, rimane fuori, lontana, come la Pace e la serenità.

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