Situazione attuale
Siria
L’8 dicembre 2024 in Siria è stata scritta una pagina di storia che verrà ricordata per sempre dai siriani e in tutto il Mediterraneo Orientale.
La certezza è la caduta del regime degli Assad che viene accolta da quasi la totalità dei siriani come la liberazione del Paese. L’ondata di euforia e al contempo di preoccupazione, dapprima per l’avanzata sul terreno di gruppi armati famigerati per il loro passato e, in seguito, per l’impensabile sgretolamento del regime, hanno investito emotivamente chiunque.
Le incognite che persistono hanno ceduto il passo al sospiro di sollievo per l’evento epocale che si è incarnato in figli che abbracciano genitori dopo tanti anni, folle giubilanti che hanno potuto finalmente guadagnare le piazze, la diaspora che intravede la fine dell’esilio, ma soprattutto l’apertura delle carceri, la liberazione dei detenuti e lo smascheramento definitivo dei crimini di regime. I rapidi sviluppi sul campo sollevano sicuramente più quesiti che risposte, come nel caso dell’incontro tra Russia, Turchia e Iran alla vigilia della caduta del regime, tenutosi non più ad Astana ma a Doha, dove c’è un ingente traffico diplomatico e di intelligence anche per i negoziati sul cessate il fuoco a Gaza.
In Siria, il 27 novembre cominciava l’offensiva bi-fronte: il cosiddetto Syrian National Army, supportato dalla Turchia, è entrato ad Aleppo e successivamente si è scagliato essenzialmente contro i Curdi nella zona di Manbij, al confine con la Turchia, e Hayat Tahrir al Sham, che ha mantenuto il controllo nell’enclave del nord-ovest della Siria in tutti questi anni ed è arrivata fino a Damasco, passando per Hama e Homs.
Libano
Il 27 novembre alle 4 del mattino è entrato in vigore il cessate il fuoco di 60 giorni tra Hezbollah e Israele. Le armi Israeliane hanno procurato almeno 4.047 morti, dall’ottobre 2023, e circa 16.000 feriti. La popolazione sfollata del sud non ha esitato e ha intrapreso il rientro appena dopo l’ufficialità della tregua. Le famiglie festanti di ritorno nelle loro località di provenienza hanno dato vita, sull’autostrada che volge a sud, ad uno scenario che richiama l’immaginario post-invasione israeliana del 2006, a cui fa da contraltare la distruzione che li attende.
Il Ministro dell’Economia ha dichiarato che l’aggressione al Libano è costata al Paese una perdita economica di 15 miliardi di dollari a cui sta seguendo una sostanziale incapacità di previsione e organizzazione della ricostruzione e di attrazione delle risorse per poterla realizzare, dovuta alla famigerata reputazione delle Istituzioni corrotte e paralizzate.
In questo senso, una parvenza di movimento è data dal Parlamento che ha fissato per il 9 gennaio la sessione plenaria per l’elezione del Presidente della Repubblica. In ogni caso il Paese si trova a fare i conti con la vasta gamma di modalità di devastazione messa in atto da Israele che è composta dall’utilizzo di fosforo bianco, interi villaggi fatti esplodere, coltivazioni eradicate, suolo contaminato, fino agli incessanti bombardamenti che non hanno risparmiato vittime civili. Inoltre, ad un mese dal cessate il fuoco, si contano quasi 300 violazioni da parte di Israele che vanno dall’aprire il fuoco sulla popolazione che faceva ritorno, alla distruzione di strade, fino a fatali bombardamenti.




