Situazione attuale

Un decreto esecutivo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale formalizza il dialogo di pace che il governo di Gustavo Petro avvierà con il Clan del Golfo, noto anche come AGC, ma autodefinitosi Esercito Gaitanista della Colombia (EGC). Il documento, che fa parte della Legge 2272 conosciuta anche come “Paz Total”, riconosce sei persone come membri rappresentativi del gruppo nello spazio socio-giuridico, tra cui Jobanis de Jesús Avila Villadiego, noto come Chiquito Malo, il massimo leader di questo gruppo armato illegale.
Momenti di incertezza si stanno vivendo per quanto riguarda invece il dialogo di pace tra il governo e l’ELN dopo la scadenza del termine imposto dall'ELN al governo per l'emanazione di un decreto che rimuova la guerriglia dalla lista dei Gruppi Armati Organizzati (GAO).
In assenza di una risposta concreta da parte della delegazione governativa del Presidente Petro, cresce l'incertezza sulla direzione che prenderà il processo di pace, che sta attraversando una delle sue maggiori crisi.
Continua purtroppo lo sterminio di leader sociali nel Paese come quello avvenuto nel Cauca con l’uccisione di Victor Alfonso Yule Medina, guardia indigena e difensore dei Diritti Umani del Pueblo Nasa. Secondo INDEPAZ, sono già 110 quest’anno le persone leader sociali assassinate in Colombia.
Dal 29 luglio al 9 agosto si è tenuta in Colombia la visita del gruppo di lavoro ONU su imprese e Diritti Umani che, dopo aver elogiato l'impegno della Colombia ad attuare i principi guida delle Nazioni Unite su imprese e Diritti Umani, ha dichiarato che il Paese soffre di problemi strutturali di lunga data che causano violazioni e abusi dei Diritti Umani nel contesto imprenditoriale. In una dichiarazione, gli esperti hanno riconosciuto che i numerosi problemi di Diritti Umani osservati nel Paese sono radicati nel modello economico di lunga data, incentrato sullo sfruttamento delle risorse naturali su larga scala che ha sistematicamente emarginato le comunità indigene, afro-discendenti e contadine. Inoltre, il conflitto armato e la presenza, ancora oggi, di gruppi armati non statali e di attività economiche illecite, generano dinamiche di violenza, dispute territoriali e persecuzioni di persone difensore dei Diritti Umani, leader sociali e sindacalisti. Le conclusioni finali del gruppo di lavoro riportano che nonostante la ratifica da parte della Colombia della Dichiarazione ONU sui Diritti dei contadini e delle altre persone che lavorano in aree rurali (UNDROP), la maggior parte delle comunità contadine non godono di sicurezza territoriale, aggravata dall'esproprio illegale delle loro terre da parte di gruppi armati non statali e dal rilascio di concessioni a varie imprese. In tema di giustizia, è uscita a fine mese la storica sentenza che condanna l'ex vicedirettore del DAS (Departamento Administrativo de Seguridad) José Miguel Narváez Martínez a scontare 12 anni e 6 mesi di carcere per le torture aggravate e continue subite dalla giornalista Claudia Julieta Duque, mentre indagava sul coinvolgimento di agenti dello Stato nel delitto del giornalista e umorista Jaime Garzón. La sentenza respinge l'entità dei fatti e sottolinea che ci fu una violenza di genere.

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Situazione attuale

Ancora un mese di incertezze e difficoltà per il dialogo tra il Governo e i diversi gruppi armati illegali presenti nel Paese. Si è in attesa del prossimo ciclo di dialogo previsto ad agosto con il gruppo armato illegale della Segunda Marquetalia, struttura suddivisa in tre fazioni principali, a loro volta costituite da vari sottogruppi, secondo quanto rilevato da Indepaz (Istituto di Studio per lo Sviluppo e la Pace).
Anche il processo di dialogo con la guerriglia dell’ELN non sta avanzando molto. Ad inizio mese, il Commissario per la Pace, Otty Patiño, ha esplicitato al gruppo armato che se non decideranno definitivamente se intraprendere o meno un cammino di pace, ci sarà un crisi certa all’approssimarsi del 3 agosto, data ultima del cessate il fuoco bilaterale stipulato tra il governo e la guerriglia dell’ELN. Il governo auspica venga rinnovato il cessate il fuoco per cercare una via alla smobilitazione del gruppo armato e soprattutto per diminuire gli attacchi che ancora oggi ci sono da parte dell’ELN contro la popolazione civile. Se ciò non accadrà inizieranno di nuovo le azioni offensive contro la suddetta guerriglia. Purtroppo a fine luglio l’ELN attraverso un comunicato al governo, ha fatto intendere di non avere la volontà o l’interesse di arrivare ad un accordo di pace.
Mercoledì 24 luglio però, l'Aeronautica Militare colombiana (FAC) ha effettuato il primo bombardamento in Cauca durante il governo Petro, secondo i resoconti del Ministero della Difesa. Un fatto che, pur non cambiando la direttiva del Ministero della Difesa, la dice lunga sulla crisi che si sta verificando in quella regione a causa dei miliziani dell'Estado Mayor Central (EMC) che non sono al tavolo delle trattative e operano sotto il comando di Ivan Mordisco contro il quale il Governo ha annunciato una "offensiva totale". L'altra fazione dell’EMC coinvolta nel dialogo di pace è quella di Calarcá Córdoba con la quale il cessate il fuoco è stato prorogato fino ad ottobre.

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Situazione attuale

Attraverso un documento firmato dal Presidente colombiano lo scorso 5 giugno, è stato regolamentato il funzionamento del “Gabinetto per la Pace” con il quale Petro sta cercando di informare la collettività, in maniera più ampia e puntuale, rispetto all’andamento dell’implementazione dell’Accordo di Pace e alle negoziazioni con i vari gruppi armati illegali. Per questa ragione, i ministri dovranno produrre dei documenti ogni due mesi che rispondano ai seguenti obiettivi: la formulazione, l’implementazione e il controllo delle politiche, dei piani, dei programmi e dei progetti in materia di pace. Non in secondo piano anche la condivisione dei risultati ottenuti e delle sfide che la politica pubblica sta affrontando rispetto alle tematiche della pace a 360 gradi, in special modo quelle relative ai dialoghi, agli accordi e alle negoziazioni con i diversi attori armati illegali. Su quest’ultimo punto, a fine giugno, si è concluso in Venezuela il primo ciclo di diaologo tra il governo e la Dissidenza delle FARC, guidata da Ivan Marquez, che ricordiamo aveva firmato l’Accordo di Pace ma, in seguito, insodisfatto delle risposte del governo Duque, aveva fondato la Seconda Marquetalia e riabbracciato di nuovo le armi. Secondo quanto definito dal primo ciclo di dialogo, la Dissidenza avrebbe accettato il cessate il fuoco unilaterale, ma anche di rilasciare le persone sequestrate e di non indossare uniformi e fucili nei municipi, nelle vie e nei fiumi dove usualmente esercita il proprio controllo. In cambio, il governo accelererà la formazione di programmi e progetti economici e sociali, nonché la formulazione di risposte per arrivare al disarmo totale del gruppo armato. Il prossimo ciclo di dialogo si terrà in luglio a Cuba e sarà accompagnato da Paesi ed enti garanti quali il Venezuela, la Norvegia, la Conferenza Episcopale e l’ONU.
Nonostante i numerosi sforzi del governo, la violenza nel Paese lascia sconcertati. Anche questo mese è stato assassinato un noto leader indigeno del Cauca, Luis Eduardo Vivas, mentre altri due giovani sono stati sequestrati dai membri del Clan del Golfo a Segovia, nel nord-est di Antioquia. A questo si aggiunge un massacro di 7 persone a Rio Negro, a circa un’ora da Medellin. La terribile situazione, che colpisce soprattutto la popolazione indigena del Cauca, aveva portato, a inizio mese, all’occupazione di uno spazio all’interno della Nunziatura Apostolica di Bogotà. Come dichiarato dal Congreso de los Pueblos, l’occupazione aveva l’obiettivo di dar voce alla situazione disperata di sfollamento e violenza che differenti etnie indigene stanno vivendo in varie regioni, a causa degli scontri armati tra vari gruppi armati illegali presenti nel territorio, in particolare, quello dell’ELN. Dopo due giorni e con una missiva inviata anche al Papa, il gruppo di 20 occupanti è stato ricevuto dal governo che si è ripromesso di intervenire al più presto per permettere a centinaia di indigeni, costretti a sfollare dalle proprie terre, di ritornarvi.

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Situazione attuale

Pare sia impossibile non affrontare ogni mese il tema della violenza nel Paese colombiano. A tal proposito, risuonano duramente le parole del padre gesuita Javier Giraldo che, da decenni, accompagna la Comunità di Pace di San José de Apartadó e, da più di quaranta, si occupa della difesa dei Diritti Umani. In una intervista rilasciata a El Espectador, il curato ha dichiarato quanto sia chiaro, per molta gente in Colombia, come l'élite e alcuni partiti politici abbiano bloccato moltissime proposte che il Presidente Petro avrebbe voluto mettere in atto. In generale, il sacerdote ha evidenziato come il Paese abbia un passato in cui i vari processi di pace non hanno portato a nulla perché: innanzitutto, non sono andati alla radice della violenza; in secondo luogo, molti dei firmatari sono stati successivamente assassinati; in ultimo, la violenza (o chi l’ha esercitata) si riproduce molto rapidamente. Questo governo, secondo il padre, sta cercando di correggere questi errori, ma ancora siamo lontani dal raggiungimento di una vera Pace e, soprattutto, non si è ancora riusciti a rompere il patto tra le forze dell’ordine e il Clan del Golfo. In una successiva intervista a Periferiaprensa, padre Javier rimarca il potere del paramilitarismo in tutto il territorio colombiano e l’attuale dissimulato vincolo con alcuni apparati dello Stato che fanno affermare al sacerdote come la politica di sradicamento del paramilitarismo sia stata una pura facciata.
Certamente è complesso il tentativo di raggiungere la Pace Totale, come si è visto in questi ultimi due anni, in cui lo sforzo del governo di aprire il dialogo con l’ELN, l’Estado Mayor Central (EMC, dissidenza delle FARC-EP) e alcune altre bande urbane si è dimostrato pieno di ostacoli e frenate; per non parlare poi degli spinosi tentativi di approccio con le AGC. Rispetto a questo ultimo gruppo armato illegale, la MAPP-OEA, come missione di appoggio al processo di Pace, ha sottolineato, nel suo ultimo report, la necessità di persistere negli sforzi per stabilire e avanzare un dialogo.
A tal proposito, in questo mese, aveva suscitato clamore l’annuncio dell’ELN di riprendere i sequestri come forma di finanziamento accusando, in particolare, il governo di non aver compiuto la promessa accordata al Tavolo delle trattative di creare un Fondo Multidonante. Il governo ha però risposto di non aver creato il Fondo per controbilanciare il cessate il fuoco con questo gruppo guerrigliero, rifiutando totalmente l’uso del sequestro come forma di giustificazione di qualsiasi tipo. Anche la Conferenza Episcopale Colombiana e l’ONU avevano, in risposta a tale annuncio, fatto un accorato appello affinché l’ELN non usasse più la pratica del sequestro, definita “un flagello deplorabile”.
Purtroppo la violenza è ancora fortemente presente soprattutto nei dipartimenti di Antioquia e del Cauca: difendere i Diritti Umani in Colombia costa ancora la vita. Secondo l’ultimo report di Front Line Defenders, nel 2023 almeno 300 difensori dei Diritti Umani sono stati uccisi in 28 Paesi del mondo per il loro lavoro: tra questi, ben 142 in Colombia.

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Situazione attuale

È impossibile non iniziare la sintesi dei fatti salienti del mese di aprile senza parlare della grave situazione che sta vivendo la Comunità di Pace di San José de Apartadó (CdP) in seguito al duplice omicidio di due dei suoi membri, Nayeli Sepúlveda e Edison David, avvenuto lo scorso 19 marzo a Las Delicias, nel villaggio La Esperanza. Proprio per questo motivo, la Comunità di Pace ha richiesto alla Comisión Interamericana de Derechos Humanos (CIDH) - in visita in Colombia dal 2 al 16 aprile - un monitoraggio sul campo, al fine di documentare le gravi violazioni dei Diritti Umani che colpiscono non solo i suoi membri. Lo scopo della visita della CIDH è stato quello di dialogare e acquisire informazioni dalle diverse autorità nazionali, municipali e dai rappresentanti della società civile per farsi un quadro più completo sull’impatto che continua ad avere la violenza nel ledere i Diritti Umani. Durante la conferenza stampa di fine visita, la CIDH ha sottolineato che la Comunità di Pace è protetta da misure cautelari, recentemente ampliate dalla stessa CIDH a causa della situazione di violenza in loco, e ha espresso preoccupazione, esortando le autorità dello Stato a tutelare la CdP in quanto vittima di gruppi armati che la stanno perseguitando. La CIDH ha dichiarato che seguirà con attenzione l’adozione delle misure di protezione da parte dello Stato nei confronti della CdP.
L’assassinio, avvenuto il primo aprile, di Ever Albeiro Espí Hernández, leader sociale e Presidente della giunta per Azione Comunale di Beisal, dipartimento di Arauca, dimostra come purtroppo la violenza sia ancora e sempre un tema doloroso per questo Paese.
Il 21 aprile, il noto leader sociale, contadino e difensore dei Diritti Umani, Narciso Beleño, è stato ucciso a colpi di arma da fuoco mentre entrava nella sua casa nel comune di Santa Rosa, dipartimento di Bolívar. Come pubblicato da Front Line Defenders, Beleño era Presidente della Federación Agrominera del Sur del Bolívar e, per più di tre decenni, ha lavorato in difesa del territorio e della popolazione contadina nella regione, contro la presenza di gruppi paramilitari che isolavano e sfollavano con la forza le comunità. È stato uno dei principali promotori della riforma agraria nel Paese e ha promosso la restituzione delle terre e lo sfruttamento sostenibile delle risorse naturali del territorio. In tutti questi anni, ha sempre lavorato instancabilmente per la costruzione della pace nei territori colpiti dalla violenza.
A questo, si aggiungono nuove minacce provenienti dalla guerriglia della dissidenza delle FARC-EP, conosciuta come Estado Mayor Central. Infatti, dopo che il Presidente Petro ha annunciato la sospensione del cessate il fuoco bilaterale nella Valle del Cauca e nel Nariño a causa dell’attentato perpetrato contro la forza pubblica a metà marzo, l’Estado Mayor Central ha minacciato nuovi attacchi a pattuglie militari e a stazioni di polizia, se non viene ripristinato il cessate il fuoco.
Nemmeno sul versante del dialogo con la guerriglia dell’ELN le cose appaiono andare avanti senza intoppi. Il prossimo incontro si sarebbe dovuto tenere il 22 aprile a Caracas, ma l’ELN avrebbe inviato alla nuova negoziatrice del Governo, Vera Grabe, un documento con cui annunciano che non ci sarebbero le condizioni per il proseguimento del dialogo. La principale causa risiederebbe nel mancato compimento di alcuni accordi stipulati previamente, tra cui la partecipazione sociale su più vasta scala alla presentazione di proposte e soluzioni al conflitto. Per questo, l’ELN ha richiesto una riunione straordinaria che è avvenuta a Caracas, in Venezuela, il 12 aprile. Il nuovo ciclo di dialogo tra Governo ed ELN riprenderà dal 20 al 25 maggio.

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