Situazione attuale

Per coloro che risiedono nei campi profughi le condizioni di vita continuano a peggiorare, a partire dagli alimenti che ricevono: molti lamentano la scarsa quantità e la pessima qualità del cibo, che viene consegnato vicino alla data di scadenza o già scaduto, spesso causa di mal di stomaco e infezioni intestinali.
Inoltre, la Grecia ha gradualmente ridotto i benefici statali offerti ai richiedenti asilo e ai rifugiati riconosciuti. Infatti, se durante la procedura ai richiedenti asilo viene offerta un'assistenza finanziaria di circa 90 euro al mese, una volta ottenuto lo status di rifugiato, o un rifiuto, viene interrotto questo supporto economico: i richiedenti asilo in Grecia, quando ricevono l’esito della loro domanda di protezione, che sia un riconoscimento o un rifiuto, perdono qualsiasi tipo di assistenza governativa.
Negli scorsi anni il governo di Atene ha chiuso i pochi programmi di aiuto per i rifugiati, come il programma ESTIA, finanziato dall’Unione Europea, che offriva alloggi in affitto ai rifugiati riconosciuti.
Infine, secondo l'articolo 192 della legge 5078/2023, i richiedenti asilo possono presentare domanda di lavoro dopo due mesi dalla data di registrazione. Ma, oltre alla difficoltà strutturale di trovare offerte di lavoro adeguate che possano portare a un contratto legale, i richiedenti asilo difficilmente riescono a raggiungere il posto di lavoro nei centri urbani vicini ai campi profughi o ad Atene a causa dell'assenza (o quasi) dei mezzi di trasporto (vedi report dello scorso mese).
Anche per i rifugiati riconosciuti trovare lavoro non è semplice a causa dell’alto tasso di discriminazione, dello sfruttamento lavorativo e della barriera linguistica.

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Situazione attuale

Secondo l’ultimo report di Border Violence Monitoring Network, al 31 gennaio, nel campo di Mavrovouni, sull’Isola di Lesbo. Vivevano 5.911 persone. Nonostante la situazione di queste persone sia già precaria e il campo sia già sovraffolato, il governo ha dichiarato che la capacità del campo raggiungerà presto gli 8.000 posti.
L’aumento della capacità, però, non è dovuto a un ingrandimento del campo stesso e a un conseguente potenziamento dei servizi, bensì alla costruzione di numerosi nuovi capannoni, i quali non hanno il riscaldamento, l’elettricità e i materassi, e alcuni non sono isolati correttamente, e quindi le persone che vi risiedono sono esposte a qualsiasi condizione atmosferica.
Inoltre, le persone che hanno ricevuto risposta positiva alla loro domanda d’asilo non hanno più accesso all’assistenza statale per i richiedenti asilo e quindi al cibo e all’alloggio. Di conseguenza molte di queste persone sono state forzate a lasciare il campo e vivono nelle strade della città di Mitilene in attesa di un permesso per raggiungere per la terra ferma.
Il campo di Mavrovouni che, come gli altri campi sulle isole, è nato inizialmente come campo di registrazione e identificazione e d’emergenza (dopo l’incendio di Moria nel settembre 2020) è stato recentemente convertito in un centro ad accesso chiuso e controllato (CCAC). Nonostante ciò, rispetto ad altri CCAC sulla terraferma e in altre isole, il manager del campo di Mavrovouni sembra essere più incline ad una collaborazione con le organizzazioni non governative attive in loco, ovvero quelle che riescono a concludere il procedimento burocratico di registrazione presso il Ministero della migrazione.
Infatti, all’interno del campo di Mavrovouni, alcune organizzazioni hanno realizzato spazi comunitari per donne e per uomini, così come spazi educativi per bambini e una libreria. Non solo, nell'ultima settimana di febbraio l’UNHCR, in collaborazione con alcune associazioni locali, ha organizzato una job fair per i residenti del campo a cui molti ristoratori, albergatori e agricoltori dell’isola hanno partecipato come datori di lavoro.
Diversa è la situazione nell’isola di Chios, un po’ più a sud di Lesvos, dove si trova il campo di Vial, anche questo ufficialmente un CCAC.
Il campo si trova a due ore a piedi dalla città di Chios e non ospita molte organizzazioni. Secondo l’UNHCR, ad oggi il campo accoglie più di 1.000 persone le quali rimangono al massimo tre o quattro mesi prima di essere trasferite nei campi sulla terraferma.
Molte persone sostengono che l’alto numero degli arrivi sulle isole, e la conseguente sovrappopolazione nei campi, stiano avvenendo a causa della riduzione dei respingimenti da parte della guardia costiera greca dopo il massacro di Pylos, avvenuto a giugno del 2023.
L’ottavo rapporto di Projecting Rights at Borders (PRAB) “Respinti alle frontiere dell’Europa: una crisi continuamente ignorata’’ ha documentato che nel 2023 sono state respinte oltre 28.609 persone e perseguite numerose violazioni dei Diritti Umani alle frontiere europee. Tuttavia, questi numeri rappresentano solo una parte degli effettivi respingimenti illegali. La volontà politica, il coraggio e il realismo nel mettere i Diritti delle persone prima della protezione delle frontiere sembrano assenti dagli accordi politici che si tengono a livello europeo e nazionale.
Accordi come il memorandum tra Italia e Albania e il nuovo patto UE su migrazione e asilo rischiano di compromettere ulteriormente i Diritti delle persone, invece di mettere fine alle violenze e alle stragi umane perpetrate alle frontiere. Alcune delle persone che incontriamo decidono di percorrere la rotta balcanica perché mancano vie legali sicure e sono spesso stanche di aspettare anni dentro i campi profughi. L’attesa, senza certezze e prospettive, è un forma anch'essa di abuso psicologico che investe sistematicamente la vita di queste persone.

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Situazione attuale

Dal 23 dicembre 2023 le possibilità di raggiungere Atene dal campo profughi di Ritsona si sono quasi azzerate: non sono più presenti autobus per raggiungere la città. Ad oggi, infatti, sono disponibili solo taxi informali che hanno un costo di circa 20 euro andata e ritorno a persona.
Il campo di Ritsona si trova a nord di Atene, a 12 km dalla città più vicina, Chalkida, e a 75 km da Atene. Fino a un mese e mezzo fa i residenti potevano accedere ai mezzi di trasporto pubblico dal campo o dalle sue vicinanze e raggiungere l'ospedale di Chalkida ed accedere agli altri servizi urbani; oggi però l’unico autobus che passa nei pressi del campo va solo in direzione Thiva, un altro centro urbano che dista 20 km dal campo.
Rimane il servizio scuolabus per i bambini residenti del campo che frequentano la scuola.
Le persone più o meno regolarmente devono recarsi ad Atene sia per visite prescritte dal medico del campo presso ospedali e cliniche della capitale, sia per le interviste per il permesso d’asilo e gli appuntamenti legali. Alla luce del fatto che per i primi 6 mesi di permanenza al campo non viene offerta nessuna possibilità di accesso al mercato regolare del lavoro, sono in poche quelle che possono permettersi di pagare il taxi per recarsi agli appuntamenti, che quindi vengono posticipati o cancellati.
Impedendo ai residenti del campo (3.500 persone circa) di recarsi ad Atene, si nega loro di accedere a servizi sanitari e legali, violando Diritti come quello alla salute e all’asilo.
Non solo, viene negato anche l’accesso agli stimoli e servizi della città, quali per esempio le mense sociali e i negozi di vestiti, che non sono presenti nell’area di Ritsona.
Questo impedisce alle persone di vivere una vita dignitosa e le priva di molte opportunità, anche di socializzazione.
Questa ghettizzazione si somma alle già difficili condizioni di vita all’interno del campo, aumentando ulteriormente lo sconforto e la frustrazione delle persone e rendendo ancora più difficile la loro esistenza.
Negli ultimi due mesi si sono, infatti, verificati molti episodi di violenza, durante i quali più persone sono state accoltellate e ferite gravemente. I residenti raccontano che la sicurezza del campo non interviene e i servizi di pronto soccorso, polizia e ambulanze, pur allertati velocemente, arrivano dopo molte ore.

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Situazione attuale

Il 20 dicembre gli eurodeputati dei 27 Paesi membri dell’Unione Europea hanno raggiunto un Accordo sulla riforma del sistema migratorio europeo. La riforma prevede controlli più severi ai confini UE, centri di rimpatrio vicino alle frontiere e un meccanismo di “solidarietà” obbligatorio tra i paesi dell’Unione per aiutare quelli sottoposti a una maggiore pressione migratoria. Altri punti salienti del patto includono: il rafforzamento delle deportazioni, l'abbassamento dell'età di detenzione delle persone a 6 anni per le famiglie appena arrivate, le procedure di screening per rafforzare le misure di detenzione alla frontiera e la possibilità per gli Stati membri di pagare 20.000 euro per ogni persona che decidono di non accogliere.
L’obiettivo dell’UE è di completare l’iter prima delle elezioni europee del giugno 2024.
Cinquanta organizzazioni per i Diritti Umani hanno firmato una lettera aperta criticando severamente la riforma, affermando che essa instaurerà un "sistema crudele" per la gestione dei richiedenti asilo, normalizzando la detenzione arbitraria e l'espulsione verso Paesi in cui i migranti sono a rischio di subire "violenze e torture”.

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Situazione attuale

A novembre sono continuati numerosi sbarchi sulle isole dell’Egeo, in particolare Lesbo e Kos: sono state registrate ufficialmente 139 barche giunte sulle coste delle isole greche con a bordo 4.071 persone. Rispetto al mese di ottobre, gli arrivi sono diminuiti del 36,6%, ma se comparati allo stesso mese del 2022, gli arrivi sono aumentati del 117%. Dai dati forniti dalla ONG Aegean Boat Report, sono stati registrati 70 respingimenti illegali nel Mar Egeo da parte della guardia costiera greca, che hanno interessato 2.064 bambini, donne e uomini in movimento. Alcuni di questi, già giunti sulle isole, sono stati arrestati e forzatamente respinti in mare. La guardia costiera turca ha recuperato 5.041 persone alla deriva e, nel 40,2% dei casi, si trattava di persone che avevano già subito un respingimento illegale in mare da parte della guardia costiera greca. Questi casi di respingimenti illegali nel Mar Egeo eseguiti dalla guardia costiera greca costituiscono una violazione diretta non solo della legge greca, ma anche del Diritto Internazionale, delle leggi marittime e dei Diritti Umani. Le pratiche di respingimento forzato e illegale in mare sembrano essere ormai una prassi consolidata del Governo greco. Sebbene gli Stati abbiano il dovere di fornire assistenza in mare, le persone che attraversano l’Egeo in cerca di protezione sono regolarmente vittime di mancata assistenza e violenza nelle acque territoriali greche sotto forma di detenzioni informali, privazione dei beni personali e ricollocazione forzata su gommoni di salvataggio senza motore, per poi essere abbandonate alla deriva nelle acque turche.

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