Indossavo gli stivali, aveva piovuto forte quel giorno. Ero uscita di casa, non ricordo bene per quale motivo e, stranamente, avevo deciso di indossarli anche se dovevo fare pochi passi. C'era molto fango. Penso che, nel vedermi già così "preparata", le sia uscito spontaneo l'invito: "mi accompagni a raccogliere dei manghi?"
Una richiesta dettata non da ragioni di sicurezza, ma semplicemente dal desiderio di raggiungere quei grandi alberi, di raccogliere alcuni frutti e di mangiarne uno in compagnia: "solita no quiero ir, mi hijo está cansado".
Ed è così che in pochi minuti mi sono ritrovata con Brigida a salire la collina di fronte all’ingresso della Comunità di Pace, terra comunitaria, per raccogliere un po' di manghi caduti al suolo a causa della forte pioggia precipitata poco prima.
"Che alberi meravigliosi, venivamo da due brutte annate, guarda come sono pieni di frutti!".
"Brigida, ma sai che raccontiamo spesso la tua ‘storia’ sui manghi, di quanto è lungo il tempo d'attesa dalla semina prima di vederne i frutti, di cosa sia per te la speranza. E ora mi ritrovo proprio con te a raccogliere questi frutti, simbolo di resistenza, di amore ma soprattutto di perseveranza su questo impervio sentiero di pace”. E gira lentamente lo sguardo indietro, non guarda me, vedo che getta lo sguardo sulle orme degli stivali lasciate per raggiungere questi maestosi alberi di mango. Quanti anni di lotta per te, cara Brigida. Quanto fango sulla tua vita. Quanti manghi raccolti.
"Sì Silvia, hay que seguir sembrando en medio de tanta violencia que está destruyendo la vida humana y la naturaleza...no podemos descansar.
È questo l’“andare” di Operazione Colomba, tra fatiche e lunghe attese, nella speranza di una Pace possibile, raggiungibile solo dalla maturazione della giustizia e della verità, dalla nonviolenza.
Qui in Comunità di Pace, la terra è fertile.

S.

Nel 1964 gli USA sostennero lo Stato colombiano nell’Operazione Marquetalia, al fine di smantellare le esperienze di autogestione comunitaria contadina sviluppatesi in alcune regioni del Paese. A seguito di tali repressioni, presero vita le FARC e successivamente, in contrapposizione a queste, si svilupparono gruppi paramilitari, sostenuti da apparati politici e spesso affiancati all’esercito, dando vita ad una guerra civile ancora insoluta.
Un secolo prima, nel 1864, gli USA stessi consumarono un massacro nell'ambito della guerra del Colorado: un accampamento di circa 600 nativi americani fu preso d’assalto da 700 soldati dell’esercito statunitense, contravvenendo ai trattati di pace firmati da entrambe le parti. Il massacro coinvolse per la quasi totalità donne e bambini, poiché gli uomini erano a caccia di bisonti per permettere la sussistenza delle tribù. A tale crudeltà si ispirò Fabrizio De André quando compose il brano intitolato “Fiume Sand Creek”.

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Pubblichiamo le riflessioni condivise con i volontari e le volontarie sul campo, da una persona in visita al progetto di Operazione Colomba in Colombia.
Grazie.

ESSERCI

Nelle ultime 24 ore mi sono commossa più volte.
Ho passato tutta la mattina con M. tra le strade in terra battuta de La Holandita – così si chiama il terreno in cui attualmente risiede la Comunità di Pace – per conoscere le famiglie che la abitano.
Mentre camminiamo, M. mi racconta dettagliatamente la storia di questo luogo e delle sue famiglie.
Un numero infinito di racconti che si intrecciano tra loro grazie a un unico comune denominatore: l'ingiustizia della morte. Ciò che mi rimane ben chiaro dopo poche ore dal mio arrivo, è che letteralmente ogni membro della Comunità di Pace ha perso qualcuno. Ogni figlio è orfano. Ogni madre è in lutto. Ogni fratello è come Dioscuro.
Il ruolo dei cooperanti qui è diverso da altri luoghi di conflitto. Chi sta qui ha primariamente una funzione protettiva, che realizza semplicemente essendoci.
Mentre M. e S. mi parlano, percepisco un forte senso di ingiustizia: elencano i morti con una durezza che mi lascia di stucco e che mi fa capire quanto conoscano bene la realtà in cui vivono. Hanno probabilmente narrato queste storie decine, forse centinaia di volte, ma il loro tono è ancora tagliente, indignato. Ripetere il racconto non ha normalizzato la violenza, anzi, ha aiutato a elaborarla, a prenderne coscienza e soprattutto a non dimenticarla.

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Giuda usa un bacio per tradire Gesù.
Come è possibile, verrebbe da chiedersi, che venga utilizzato un gesto di affetto per portare un altro alla rovina!?
In tutti questi anni di Comunità di Pace sicuramente sono stati tanti i baci traditori; baci di chi, pur volendo bene, ha deciso, ad un certo punto, di tradire le attese, i valori, la lotta di resitenza, la ricerca di giustizia.
Ma, paradossalmente, è proprio con il tradimento che si compie l’opera di Dio.
Con il tradimento, Gesù muore e risorge a Vita nuova.
Anche la Comunità di Pace non sarebbe oggi quello che è, ossia una luce di speranza, una forza di resistenza, un esempio di salvaguardia del territorio e della vita, se non fosse stato per tutto il bene, ma anche per tutto il male ricevuto, i tradimenti subiti, gli inganni, le violenze.
Ma, a differenza di chi trama un danno, di chi vive disprezzando la vita altrui e rimane schiacciato dalla sete di potere e dominio, i membri della Comunità di Pace portano il peso dei tradimenti ricevuti trasformandoli in nuova forza, in cammino di pace e verità.
Il camminare, in senso reale e metaforico, fa parte dell’essenza dei membri della Comunità; lo dimostrano le tante ore a piedi o a dorso di muli per raggiungere i luoghi di lavoro, le migliaia di orme lasciate dagli stivali sui sentieri fangosi, i solchi profondi lungo i percorsi, mentre sulle spalle caricano le gerle colme di mais o fagioli.

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A volte uno sa da che parte stare, guardando semplicemente chi sta dall’altra parte” (L. Cohen)

Un altro compleanno, il ventiseiesimo, è stato festeggiato il 23 marzo scorso dalla Comunità di Pace di San José de Apartadó.
Si è rinnovato così il sogno di quel seme che, gettato dopo tanta morte e tanto dolore nella piazzetta della scuola di San José il 23 marzo del 1997, ha avuto tutto il diritto di germogliare e crescere.
Non era scontato.
Nemmeno loro pensavano che sarebbero riusciti ad affondare radici laddove le trame dello Stato erano quelle di sradicare cuori e persone, menti e progetti da quel territorio.
Eppure siamo stati testimoni ancora una volta, lo scorso 23 marzo, di come la forza della resistenza e l’audacia della verità a tutti i costi, anche a quello della propria vita, possano avere la meglio su ogni tentativo di corruzione e su ogni barbarie escogitata.
Quel seme, che è la Comunità di Pace, non è morto come i più volevano e desideravano, e come ancora alcuni auspicano.
Il seme, invece, è cresciuto in coscienza politica ed ecologica, in saggezza e strategia di fronte alle esigenze di vivere liberi nel proprio territorio e di poter godere dei prodotti della terra.
Nonostante tutti gli ostacoli che ancora oggi la Comunità è costretta a incontrare, come pietre di inciampo lungo il cammino di giustizia e pace che tanto desidera, lo sguardo con cui ogni suo membro guarda a chi le vuole ancora fare del male è sempre di totale rispetto.
Per questo, forse, con tanta determinazione sanno distinguere l’uomo dai sui errori, la piccolezza morale dall’altura etica e civile di chi vuole il bene e il giusto, sempre e comunque. E tutto senza giudicare chi la pensa in modo differente.
Anch’io mi ritrovo spesso a guardare i loro gesti semplici, le loro mani incallite, la pelle bagnata di sudore e i sorrisi che non sanno mai far mancare.
Vedo volti che nascondono storie terribili, ma che in qualche modo non litigano più con il passato per poter vivere appieno il presente, sperando chissà che ci possa anche essere un futuro diverso.
Mi immagino, poi, di guardare i volti di chi li minaccia, li perseguita, li accusa… volti raggrinziti dall’odio, ma molto più spesso volti sfigurati dalla sete di potere, dall’avidità e dall’ignoranza.
Allora sì, mi pare un compito più facile per la mia coscienza scegliere da che parte stare guardando semplicemente chi sta dall’altra parte.
E ho scelto.
Buon Compleanno Comunità di Pace!
Che il sogno si rinnovi ancora a lungo, finché non saremo capaci di riconoscerci come uguali.
Fino ad allora, sono sicura che cercheremo ancora mille volte l’ombra della vostra grandezza morale come riparo al nostro poco coraggio di dare la vita per ciò che si crede giusto.

Monica