Nascere non basta: è per rinascere che siamo nati

Qui nel progetto in Grecia, in queste prime settimane ricche di incontri, di scambi di sguardi e di silenzi, ho ripensato molte volte alle parole della poesia di Pablo Neruda: “Nascere non basta. È per rinascere che siamo nati”.
Mi ritornano in mente ogni volta che andiamo al campo di Ritsona o di Malakasa, e vedo le mura di cemento e il filo spinato che delimitano lo spazio, sento l'odore dell'industria chimica che volteggia nell'aria e vedo le guardie all'ingresso che osservano con attenzione ogni spostamento.
Sono sempre stata convinta, e lo sono ancora di più oggi che porto una vita in grembo, che il dono della vita sia una cosa grandiosa, un urlo di gioia verso una nuova dimensione, dove tutto prende una nuova forma, un nuovo rumore, un nuovo odore e un nuovo colore, impariamo pian piano a conoscere questo immenso mondo e a capire le sue magiche dinamiche.
Non siamo mai soli in tutti questi passaggi, veniamo aiutati a nascere dalle mani sicure di un'ostetrica, poi accolti dagli abbracci caldi della nostra famiglia e cresciuti da un'intera comunità educante, insomma crescere è un grande lavoro e una grande impresa.
Qui in Grecia, nel sud dell'Europa, all'interno di un campo per richiedenti asilo è ancora così magico nascere?


Essere accolti da genitori che hanno in serbo per i loro cuccioli molte speranze e sogni per una vita migliore, ma si ritrovano a vivere il loro presente, che a volte si prolunga anche per anni della loro vita, fermi in un limbo.
Lontani da ogni servizio, non collegati con i mezzi pubblici alla città e dove la normalità diventa crescere la propria famiglia in un bungalow, freddo d'inverno e caldo d'estate, aspettando con ansia, come si fa solitamente per il regalo di compleanno, dei documenti che tardano ad arrivare.
In tutto questo, comunque, si continua a nascere, perché la vita è più forte della morte e questi semini trovano la forza di radicarsi anche in un minuscolo pezzetto di terra, riescono a spaccare il cemento e fiorire.
Questi bimbi devono però nascere ben due volte: con la prima devono imparare a muoversi e crescere in un mondo che già dalla loro nascita risulta difficile e ostile.
Ma la seconda nascita dipende da noi, da quello che sapremo dare a queste nuove vite, e quando parlo di dare non intendo solo vestiti e cibo (cose fondamentali), ma anche abbracci, sorrisi, momenti sereni condivisi e speranza, impegnandoci tutti e tutte, mettendo le nostre mani in pasta, ognuno come riesce, e creando assieme una comunità educante e accogliente, che lavori ogni giorno per rimuovere le cause di piccole e grandi ingiustizie, che possa così creare un terreno fertile dove queste nuove vite possano trovare il loro posto nel mondo.
Se dovesse servire in tutto questo anche aggiungere un pizzico di disobbedienza civile, meglio aggiungerlo qua e là in piccole dosi, perché in fondo come ci ricorda don Milani, l'obbedienza non è l'unico modo di amare la legge, lo è anche cercare di cambiarla, se non tutela i più deboli.

Giulia