Dicembre 2013

SITUAZIONE ATTUALE

Il 10 dicembre, durante una celebrazione svoltasi a Bogotà, in occasione della giornata mondiale dei diritti umani, il Presidente della Repubblica Juan Manuel Santos ha chiesto perdono alla Comunità di Pace di San Josè de Apartadò dinnanzi ad una platea di esponenti di svariate organizzazioni nazionali e internazionali invitate per l'occasione.

Santos ha attuato così la sentenza emanata dalla Corte Costituzionale nel maggio del 2012, che obbligava lo Stato colombiano, nella figura del suo Presidente, a chiedere perdono alla Comunità per le accuse ingiuste rivolte alla stessa dall'allora Presidente Alvaro Uribe: “In questa comunità di San Josè de Apartadò c'è brava gente, però alcuni tra i leader, patrocinanti e difensori che sono vissuti lì, sono segnalati in modo serio per aiuto alle Farc e per l'utilizzo della comunità stessa per proteggere questa organizzazione terroristica”.
I fatti ai quali si riferivano le accuse dell'ex Presidente riguardano alcuni scontri avvenuti tra le Forze armate rivoluzionarie (FARC) e l'esercito nel febbraio 2005 nei pressi di San Josè. In quell'occasione persero la vita 19 soldati e la Comunità fu accusata di complicità coi guerriglieri. Nonostante la scelta di neutralità presa e ribadita nel proprio statuto, questa gente pagò con il sospetto e le calunnie delle Istituzioni la scomoda posizione nella zona di un conflitto del quale fu sempre e solo vittima.
In seguito a questa battaglia, infatti, Uribe attuò una campagna indirizzata a screditare i membri della Comunità, additati su media e giornali come collaboratori della guerriglia e favoreggiatori di quest'ultima nell'azione contro la forza pubblica. A seguito di queste false dichiarazioni, oltre ad un'ovvia perplessità e sfiducia nei confronti dei leader e degli abitanti delle diverse veredas (villaggi appartenenti alla Comunità) da parte dell'opinione pubblica, furono messe in atto una serie di azioni con la compartecipazione dell'esercito e dei paramilitari ai danni della Comunità di Pace. Va detto che spesso la distinzione fra forza pubblica e paramilitari non risulta evidente, come nel caso dello sterminio di otto membri della comunità nel febbraio del 2005. Nello specifico quattro furono le vittime della vereda Mulatos, uccise in un'azione congiunta dei due gruppi armati, tra le quali Luis Eduardo Guerra, capo carismatico della Comunità e membro del Consiglio, massacrato a colpi di machete, il figlio Deiner Andrès decapitato, di undici anni, la compagna Beyanira Areiza, di 17, e Alejandro Pèrez. Le altre quattro, uccise nei pressi della vereda La Resbalosa, furono Alfonso Bolivar Tuberquia, la compagna Sandra Munoz e i due figli Andrea e Santiago, di 7 anni il primo e 18 mesi il secondo. Questi otto martiri della pace sono solo il tragico emblema di una serie troppo lunga di contadini minacciati, cacciati dalle proprie case o ammazzati dall'azione criminale delle parti in guerra, in particolare delle AUC (Autodefensas de Colombia) presenti illecitamente nella zona, troppo spesso con il silenzio assenso delle autorità.
“…crediamo che tutti i protettori della pace e dei diritti umani debbano essere esaltati e protetti, per questo chiediamo perdono. Chiedo perdono”.
È dunque con un ritardo di otto anni che giungono queste scuse.
Molti sono tuttora gli elementi che contribuiscono ad alimentare la perplessità nei confronti di Santos e di questa presa di posizione. Innanzitutto va con decisione ricordato che questo avvenimento non è frutto di una personale volontà del Presidente, ma di una decisione imposta da un organo giudiziario. Va inoltre sottolineato come nel maggio 2013 fu organizzato un evento con l'intento di attuare questa sentenza. Molti rappresentanti della Comunità si recarono a Bogotà accompagnati da diverse organizzazioni. Pur se imposte dalla Corte, mancanti dunque di quella spontaneità che rende sincera una richiesta di perdono, le scuse sarebbero perlomeno arrivate alla presenza delle vittime, in un incontro faccia a faccia. La sera prima dell'evento, però, Santos fece sapere che non avrebbe presenziato alla cerimonia per impegni istituzionali, e commissionò il Ministro dell'Interno di fare le sue veci. Preso coscienza della defezione di Santos, i membri della Comunità scelsero di non partecipare alla cerimonia, ricordando che solo la figura del Capo dello Stato avrebbe reso effettiva la sentenza. Da allora nulla fu pensato come rimedio ad una situazione che risultò quantomeno imbarazzante, fino al 10 dicembre di quest'anno.
Il tempismo nella scelta di queste dichiarazioni desta ulteriore scetticismo. In piena campagna elettorale per le future presidenziali 2014 il probabile futuro rieletto alla presidenza decide di mostrare la sua magnanimità verso la Comunità di Pace. Sulla scia emotiva della morte di un grande della storia come Nelson Mandela, scomodato in più passi dell'intervento presidenziale, improvvisamente Santos, Ministro della Difesa nel 2006 (anno dello scandalo del paramilitarismo), dunque, si rende conto delle buone intenzioni di queste persone, perseguitate per mano dello Stato che lui stesso rappresenta da anni e “riconosce nella comunità di pace San Josè de Apartadò una coraggiosa rivendicazione dei diritti umani”, decidendo di attuare la ritrattazione dinnanzi al Paese e al mondo. “Per questo ci sediamo ad un tavolo a parlare di pace, perché sappiamo che il dialogo e la riconciliazione sono le chiavi che aprono le porte verso una Nuova Colombia”. Peccato che questo dialogo sia stato ancora una volta a senso unico e che, tra gli spettatori di questo proclama di pace, mancassero coloro che questa pace l'hanno pagata con la propria pelle. Nessun membro della Comunità era infatti al corrente di queste evento e tanto meno era stato invitato a parteciparvi.
Certo risulta più facile chiedere scusa quando le vittime non ti guardano negli occhi.
Il 16 dicembre la Comunità commenta il fatto tramite una comunicato nel quale valuta positivamente il perdono del Presidente, riconoscendo l'attuazione della prima parte della condanna, nonostante questa arrivi dopo un lungo periodo di attesa. Specifica tuttavia che con questa dichiarazione pubblica non si conclude quel processo che impone anche di “definire un procedimento per evitare future segnalazioni contro la stessa (Comunità), come ad esempio la creazione di un canale unico di comunicazione che riduca i rischi di segnalazioni e aiuti la ricostruzione della fiducia”. Nel ribadire questo punto i membri della Comunità ricordano con decisione l'abbandono del quale le Istituzioni sono state e sono tuttora le uniche responsabili. È impossibile dimenticare i contadini costretti a lasciare le proprie terre, le vittime dei massacri, i bombardamenti indiscriminati e la sordità del governo centrale dinnanzi alle petizioni presentate regolarmente e puntualmente rimaste inascoltate. Questi fatti dovranno essere in qualche modo evitati dalla sentenza che rimane incompiuta.
“Possono le sole parole di perdono fermare il crimine sistematico di lesa umanità definito nello Statuto di Roma come PERSECUZIONE, senza che vi sia la progettazione di mezzi reali ed efficaci che risolvano, correggano, sanzionino e riparino?”. La risposta è, ovviamente negativa. Quattro ulteriori ordini furono emessi dalla Corte Costituzionale nella sentenza per implementare questo processo di difesa dei diritti della Comunità, tra i quali la creazione di una Commissione di Inchiesta, ancora inesistente.
Seppur le parole pubbliche di Santos sono da ritenersi un avvenimento positivo di riconoscimento delle battaglie e delle sofferenze di centinaia di contadini, il percorso e la lotta di questi ultimi per i propri diritti dunque, prosegue la sua strada “di difesa di valori e principi costruiti attraverso tremende sofferenze, tramite un processo di resistenza che è costato la vita di molte centinaia di fratelli e sorelle”. Nella settimana della morte del già menzionato Nelson Mandela la lotta pacifica di queste persone risulta ancora una volta un grandioso esempio di forza nel difficile cammino della pace.

CONDIVISIONE E LAVORO - VOLONTARI

Come sempre, anche il mese di dicembre è stato vissuto intensamente dai volontari in Colombia. Nella prima metà del mese le colombe sono state impegnate in qualche accompagnamento dei membri del Consiglio Interno della Comunità in città, e in un lungo accompagnamento nelle veredas di Mulatos e La Esperanza. Il 17 dicembre Silvia è partita per tornare in Italia, si sente la sua mancanza ma tutti aspettiamo il suo ritorno a gennaio. Il resto del gruppo è partito invece alla volta di Mulatos dove la Comunità, impegnata in un'assemblea che si è protratta per due interi giorni, ha trascorso la Vigilia di Natale fra il caldo, grandi mangiate e tanti balli. A pochi giorni dall'inizio del nuovo anno è partita anche Monica, a lei auguriamo un buon viaggio e una buona permanenza in Italia nell'attesa del suo rientro in Comunità verso fine gennaio.
Un saluto speciale a Sara (una colomba che ha vissuto in Comunità cinque mesi l'anno scorso) e a Matteo, il neo marito, che sono venuti a trascorrere parte della loro luna di miele alla Holandita. Li ringraziamo per aver condiviso con noi e con le persone della Comunità un momento così speciale della loro vita, per aver celebrato il Natale con coloro che non hanno potuto essere a Mulatos (in particolare i bambini e le persone più anziane) e per essersi messi a disposizione durante la loro permanenza.
Le colombe presenti alla Holandita continuano ad accompagnare la Comunità in questi ultimi giorni dell'anno e si preparano a festeggiare il capodanno in stile colombiano; ovviamente augurano a tutti una buona fine ed un fantastico inizio!!!