Febbraio 2013

APPROFONDIMENTO CONTESTO

Nel mezzo del crescente pessimismo che ruota attorno ai negoziati di pace a  L' Avana, il sequestro di due agenti della Polizia da parte delle FARC avvenuto nel Valle, Cauca, non poteva arrivare in un momento peggiore. Questo fatto ha  portato le parti a rompere per la prima volta l'accordo basico di non portare la guerra sul tavolo dei negoziati; la prima vera crisi incontrata nel processo che sta offrendo buone “munizioni” ai suoi critici.

E', senza dubbio, un campanello per entrambe le parti che mostra l'incapacità di saper maneggiare con abilità le profonde differenze; governo e guerriglia potrebbero così far deragliare i negoziati ancor prima che questi producano primi risultati.
Per nessuno è un segreto che i dialoghi a L' Avana tra il governo e le FARC suscitano ogni volta meno entusiasmo nell'opinione pubblica e si siano convertite nel cavallo di battaglia dell'opposizione interna, capitanata dall'ex presidente Alvaro Uribe, contro Juan Manuel Santos.
Per un processo che necessita di mostrare risultati rapidi, il sequestro, lo scorso 25 gennaio, di due agenti di polizia Victor Alfonso Gonzàlez e Cristian Camilo Yate, da parte delle FARC, è stata un' ulteriore stretta al tubo di ossigeno che già difficilmente alimenta i negoziati.
Come un nervo scoperto, quello che è successo ai poliziotti, ha toccato le fibra di un Paese che ha già visto in un tempo non molto lontano, colpi come questo, nei quali le FARC hanno detenuto per anni uniformati e civili incatenati nella selva, per ottenere lo scambio di guerriglieri catturati.
Per questo, il sequestro dei militari della settimana passata, ha fatto molto scalpore e da esso è iniziata la scalata della crisi.
Quattro giorni dopo alla cattura, le FARC hanno pubblicato un comunicato in cui si leggeva: “...ci riserviamo il diritto di catturare come prigionieri i membri della forza pubblica che si sono arresi nel combattimento. Essi sono prigionieri di guerra, e questo fenomeno si verifica in qualsiasi conflitto ci sia nel mondo”, affermando così di rifiutare la proposta di scambio umanitario dei sequestrati. Inoltre, il comunicato insisteva sul fatto che le FARC avevano abbandonato il “sequestro a  fini economici”, sebbene dichiarassero ancora vigente la famosa legge 002, annunciata da Mono Jojoy finalizzata all'estorsione agli impresari.
“Un sequestro è un sequestro” ha detto il giorno seguente Humberto de la Calle, capo dell'equipe negoziante del governo, rompendo per la prima volta il silenzio che lui e i suoi compagni avevano adottato fino ad ora come mantra dei negoziati di Pace.
Come risposta il capo della delegazione delle FARC, Ivan Marquez, ha accusato il Governo di cercare una scusa per rompere i negoziati. Ha  ribadito che l'accordo era di non discutere in questi termini della guerra, come ha fatto la guerriglia davanti ai bombardamenti contro i loro accampamenti nel periodo di tregua unilaterale, aggiungendo che era inutile lamentarsi delle conseguenze della guerra quando sul tavolo della trattativa non c'erano accordi di non belligeranza.
Lo stesso presidente Santos è intervenuto dicendo che : “se le FARC pensavano di poter fare pressione per ottenere il cessate il fuoco con un sequestro, si sbagliavano”; e ha aggiunto: “le forze armate conoscono molto bene l'ordine chiaro e perentorio: con ogni mezzo contro questa organizzazione”. A complicare ulteriormente questo quadro già teso a livello verbale, c'è stato un incremento di azioni di guerra da entrambi le parti. Il giorno che sono ricominciati i negoziati, infatti le FARC hanno ucciso in un' imboscata quattro soldati in Policarpa, Nariño, e sequestrato di tre civili in Piamonte, Cauca, subito liberati per mezzo di un'operazione militare.
Il giorno seguente i militari e la polizia hanno annunciato la morte, in un bombardamento presso Tierralta (Cordoba), di Jacobo Arango, capo del fronte 5° delle FARC, e di altri cinque guerriglieri. Alcune ore dopo tre membri della polizia fiscale e di dogana sono morti colpiti da arma da fuoco lungo una strada in Carraipìa, La Guajira, presumibilmente per mano del fronte 59° della guerriglia. La nota più forte l'ha pronunciata, nel pomeriggio di venerdì 1 febbraio, il più ostinato oppositore al processo, Alvaro Uribe, che ha inviato ai suoi seguaci (1 milione e 700 mila persone) un'immagine con la foto dei poliziotti insanguinati stesi sul pavimento, insieme ad una frase: “Polizia del Paese assassinata. Si informa che gli assassini sono del fronte (59° delle FARC) terrorista”.
Questa foto pubblicata dall'ex Presidente ha generato indignazione in alcuni settori che ritenevano che con il sangue dei morti non si dovesse far politica. Tutto questo ha prodotto la più grossa crisi che fino ad ora aveva vissuto il processo di pace. Quella che doveva essere una negoziazione che avanzava lentamente e nella quale si iniziavano a trovare punti di parziale avvicinamento sul tema agrario, il primo dell'agenda politica, ora tiene le FARC sotto scacco e il Governo in tono di ultimatum. Le due parti si stanno inviando comunicati e dichiarazioni altisonanti davanti alla stampa, esattamente ciò che avevano annunciato che non avrebbero fatto quando hanno deciso di negoziare nel mezzo del conflitto.
Per leggere tutto l’articolo, clicca qui

 

SITUAZIONE ATTUALE - CONDIVISIONE E LAVORO - VOLONTARI

lo scorso sabato 23 febbraio un membro della Comunità di Pace ha ricevuto una telefonata con la quale un individuo, che non si è identificato, ha comunicato la preparazione di un massacro nella Comunità, il cui obiettivo saranno i leaders della stessa; ha detto persino di “non mandare i bambini per strada, altrimenti verranno assassinati anche loro”.
A seguito di queste minacce, Amnesty International ha lanciato un appello che vi invitiamo a sottoscrivere:
Versione in inglese
Versione in spagnolo

----------------------------------------------------------
Febbraio è il mese della commemorazione del massacro avvenuto nel 2005 perpetrato da membri dell'esercito regolare collusi con il paramilitarismo. Otto persone persero la vita il 21 febbraio di quell'anno.
Come di consueto i volontari di Operazione Colomba hanno raggiunto la vereda del Mulatos e quella della Resbalosa, i luoghi in cui avvenne il tragico episodio. La commemorazione è stata anche occasione per eleggere i nuovi membri del consiglio e per fare il punto sulla situazione politica attuale.
Continuano gli accompagnamenti nella vereda Esperanza per la preoccupante presenza di truppe paramilitari. Le numerose perdite di uomini tra le fila del paramilitarismo aggrava senz'altro la situazione. La paura di vendette sulla popolazione civile accusata di collaborare con i gruppi guerriglieri avversi è tangibile e reale.
Rimane la preoccupazione anche per la situazione nelle veredas Cristallina e Mulatos. Continui spostamenti di truppe militari, paramilitari e guerrigliere rendono necessaria una presenza internazionale costante.
Più tranquilla appare invece la situazione nell'area di Cordoba, dove Operazione Colomba è comunque presente regolarmente.
Novità di questo mese è stato l'arrivo di Costanza e Andrea che si fermeranno con noi e la Comunità per i prossimi mesi.