Febbraio 2012

APPROFONDIMENTO CONTESTO

La cattura di Héctor German Buitrago alias “Martin Llanos”, capo delle Autodefensas Campesinas del Casanare (ACC), lo scorso 6 febbraio, è stata descritta con toni entusiastici come la fine della sanguinosa storia del paramilitarismo in Colombia. Basta volgersi per un momento al passato, anche a quello recentissimo, per cogliere la scarsa lungimiranza e il falso ottimismo di un'affermazione che ha il solo scopo di calmare l'opinione pubblica mondiale sulla complessa questione colombiana.

 

Senza dover riesumare la fallimentare smobilitazione del governo Uribe del 2005, basta considerare il fermo forzato imposto dagli Urabeños in sei dipartimenti lo scorso 5 gennaio, una vera e propria prova di forza che il governo Santos ha cercato di descrivere come un semplice atto dimostrativo di una banda di delinquenti comuni.
Ci si ostina insomma a non riconoscere una rapidissima capacità di riorganizzazione e una più che evidente radice paramilitare che è comune a tutte le denominate bande emergenti. Evidente perché non sono cambiati gli scopi, le alleanze con il mondo politico e alcune frange dell'esercito, il modo di agire, l'organizzazione e persino alcuni dei loro membri.
Nell'anno 2007 la Defensoria del Pueblo contava 22 gruppi illegali nelle cui file vi erano vecchi membri delle AUC (Autodefensas Unidas de Colombia) che non si erano smobilitati, alcuni elementi smobilitati che avevano imbracciato nuovamente le armi e, infine, nuove reclute. Tra il 2008 ed il 2010 si andava sviluppando “un processo di riarmo, riaggruppamento e riconfigurazione di queste strutture, giungendo alla consolidazione di cinque grandi gruppi Águilas Negras, Los Paisas, Los Urabeños, l'Esercito Rivoluzionario Popolare Anticomunista della Colombia, ERPAC, e il gruppo armato illegale Los Rastrojos”. L'Istituto di Studi per lo Sviluppo e la Pace, Indepaz, nota invece “un avanzamento della loro copertura territoriale che supera già i 347 municipi in 31 dipartimenti”. Il dato importante è che i dipartimenti che mantengono la maggior concentrazione di potere da parte dei nuovi gruppi paramilitari sono gli stessi in cui spopolavano le AUC e il Blocco Centrale Bolìvar e coincidono con i dipartimenti qualificati dal governo Santos come “territori di consolidazione” in cui, cioè, si concentra la maggior parte delle terre da restituire ai contadini vittime di espropri da parte dei gruppi paramilitari.
Nonostante tutto, la cattura di Martìn Llanos ha suscitato tra la popolazione un notevole interesse,  dovuto soprattutto alla terribile storia di violenza e sangue che il suo gruppo ha portato con sé.
Figlio di Héctor Buitrago, uno dei più vecchi membri del paramilitarismo nazionale e fondatore delle ACC, Autodefensas Campesinas del Casanare, nel 1998, dopo l'arresto del padre, diventò capo  di un vero e proprio esercito formato da 1200 persone, dedito al narcotraffico, all'espropriazione della terra e all'estorsione. Le ACC non entrarono mai a far parte delle AUC, le unità di Autodifesa Unita della Colombia, comandate dai fratelli Castaños, né presero mai parte al processo di smobilitazione voluto da Uribe. Questa indipendenza li condusse a scontrarsi con un altro gruppo, quello del Bloque Centauros, comandato dal narcotrafficante Miguel Arroyave. Il risultato fu la perdita di centinaia e centinaia di uomini da entrambe le parti tra il 2003 ed il 2004 e la quasi scomparsa del gruppo dei Buitrago. Con la morte di Arroyane le ACC cominciarono a rinascere riacquistando il controllo delle zone strategiche per il narcotraffico. Infine, con l'estradizione di importanti capi paramilitari, nel 2008 Martìn ed il suo gruppo ritornarono ad essere i signori del Casanare e della parte orientale del paese.
Il settimanale colombiano “La Semana” ha recentemente pubblicato l'agghiacciante testimonianza di un ragazzo arruolatosi volontariamente tra le file dell'ACC. Nel corso del racconto vengono descritti con crudo realismo i macabri riti e le atrocità commesse all'interno del gruppo paramilitare. Abbiamo deciso di riportarne una parte, per dar voce, anche in Italia, al grido inquietante di un paese vittima di uno dei più cruenti conflitti della storia dell'umanità.
Potete leggere l'articolo sul nostro sito al seguente link.
Il racconto di questo ragazzo mostra, in tutta la sua tragica chiarezza, come l'assenza dello Stato ed il rapporto deviato tra forze di sicurezza e gruppi criminali abbia da sempre favorito, e continui a favorire in Colombia, l'arruolamento di bambini e adolescenti tra le file dei diversi gruppi armati.
I giovani senza formazione sono generalmente i più esposti a cadere nelle reti dei narcotrafficanti e dei paramilitari. Si tratta di un problema sociale gravissimo, a cui il governo continua a non prestare attenzione. Lo ignora, semplicemente. Le risposte violente, la militarizzazione massiva di intere aree rappresentano gli unici provvedimenti che le varie amministrazioni hanno saputo adottare.
E' necessario prendere coscienza che il paramilitarismo nel paese è innanzitutto un problema sociale; senza investimenti seri nel campo dell'educazione e della sanità, senza una vera campagna di prevenzione tra i giovani, senza una profonda attenzione per le aree rurali la Colombia è destinata ad implodere.

SITUAZIONE ATTUALE - CONDIVISIONE E LAVORO - VOLONTARI

A febbraio è tornata Alice ed è arrivato Andrea; entrambi si fermeranno tre mesi. Monica è tornata in Italia per il suo meritato mese di “stacco” e raggiungerà nuovamente la Comunità di Pace alla fine di marzo.
In seguito alla continua presenza di gruppi paramilitari nelle veredas del Porvenir e della Esperanza, il Consiglio della comunità ha continuato ad organizzare la turnazione dei gruppi di accompagnanti per garantire una presenza internazionale il più possibile fissa nell'area. Per questa ragione, i volontari di Operazione Colomba hanno raggiunto l'area nella prima e nell'ultima settimana del mese. Nonostante la situazione continui ad essere difficile, la gente ci è parsa abbastanza tranquilla. Confrontandoci con alcuni membri della comunità della vereda la Esperanza, abbiamo cercato di capire meglio quali siano i reali sentimenti della popolazione in relazione a questo acuirsi del conflitto. La risposta non ha mancato di mettere in luce la complessità della situazione. Alcuni sono molto spaventati e temono che i due gruppi armati possano scontrarsi per occupare il territorio e di conseguenza il controllo del narcotraffico.
Diverso è il sentire invece di coloro che hanno, tra le fila di uno o l'altro dei gruppi armati illegali, un familiare. Sentendosi in qualche modo “protetti”, si illudono che la situazione possa rimanere sotto il loro controllo e vivono accettando passivamente i dettami dei paramilitari o delle Farc.
Le famiglie della comunità, insieme a quelle che hanno subito gravi perdite umane ed economiche per mano dei paramilitari o della guerriglia, stanno vivendo questi avvenimenti con timore per la propria vita. Il passato ancora così vicino permette loro di avere una visione più realistica e una coscienza più forte di quello che potrebbe accadere.
Dal 2005 il mese di febbraio è diventato un momento molto sentito dalla comunità, in quanto si commemora il massacro di sette civili compiuto il 21 febbraio di quell'anno. In questo giorno molti membri della comunità, gruppi di accompagnanti internazionali, giornalisti e cittadini comuni raggiungono la vereda Mulatos per ritrovarsi e condividere un momento di memoria. Padre Javier Giraldo, anche quest'anno, ha celebrato una messa commemorativa proponendo l'ascolto di un intervista rivolta a Luis Eduardo Guerra, leader storico della Comunità, poco prima che venisse ucciso. È stato un momento di grande partecipazione ed emozione, tutti si sono riuniti nel ricordo di questa giornata. A mezzogiorno i partecipanti hanno raggiunto la Resbalosa, la vereda in cui furono uccisi lo stesso giorno Alfonso Bolivar e la sua famiglia, per assistere ad un'altra funzione. Era presente anche il padre di Sandra Muñoz, moglie di Alfonso, unico superstite di un altro massacro avvenuto nel 1977, che, emozionato, non ha trovato le parole per presentarsi.
Sono stati momenti di condivisione profonda e sentita partecipazione per tutti. Durante gli ultimi giorni del mese il gruppo di volontari ha avuto l'occasione di passare qualche giorno a San Josecito prima del previsto accompagnamento nell'area di Cordoba. Le giornate sono trascorse serene in compagnia delle persone della comunità. Abbiamo fatto visita agli anziani e ai malati e abbiamo organizzato alcune attività ludiche con bambini e ragazzi in collaborazione con i professori.