Colombia: accordi di Pace tra speranze e realtà

Colombia

Il seguente articolo è stato scritto prima della recente notizia di interruzione dei colloqui di pace all'Avana (per maggiori informazioni e per le ultime news).
Cerchiamo comunque di fare chiarezza su quei temi sui quali ad oggi erano stati trovati, seppur parziali, accordi.

L'agenda concordata tra il governo colombiano e le FARC a L'Avana sembra ancora un'opportunità per un cambiamento del Paese, anche se più si procede con questo processo più si chiariscono gli enormi ostacoli e più si allontanano le luci della speranza.
Ad ogni modo i colloqui stanno procedendo da due anni e non si era mai arrivati ad accordi così concreti tra FARC e Stato colombiano.
Tre sono i punti dell'agenda per i quali ci sono avanzamenti parziali e molteplici sono i nodi che si presentano da sciogliere, vediamone brevemente alcuni.

Primo punto, sviluppo agrario integrale.
Sembra ci sia accordo sulla necessità di dare accesso alla terra ai campesinos, subito però si presentano, oltre al problema della sicurezza, due grandi sfide, creare un meccanismo veloce ed efficiente per titolare la proprietà della terra ed abbattere il grande divario che esiste tra la disponibilità di servizi per chi vive in città e chi nelle zone rurali, vale a dire crearne di minimi in queste ultime aree per renderle vivibili in modo dignitoso. Prima però di arrivare qui, anche solo la creazione di un catasto avrebbe un impatto economico enorme e chiarirebbe la distribuzione delle terre ed il loro utilizzo più o meno sostenibile, fenomeni dei quali ancora oggi non si hanno dati precisi.
Sembra infatti risultare da studi collaterali ai colloqui di L'Avana che in Colombia l'allevamento non dovrebbe superare i 15 milioni di ettari, mentre attualmente occupa circa 38 milioni di ettari; l'agricoltura ha un potenziale di 22 milioni di ettari, invece ne utilizza solo 5. Oltre a questo c'è da considerare il fatto che tra il 40 ed il 50% delle proprietà dei terreni sfruttati in Colombia non sono registrate in uffici statali, ma si mantiene una tradizione di scritture private e di promesse di compravendita. Alcuni interi dipartimenti del Paese non hanno catasto, altri non l'hanno aggiornato. Se non si conoscono i proprietari della terra né i confini delle proprietà sarà difficile che funzionerà il “Fondo de las Tierras” proposto da governo e FARC per dare terra ai lavoratori, come deciso negli accordi. Aggiornare il catasto vorrà dire anche affrontare notevoli interessi economici. Conoscere le corrette estensioni delle proprietà ed i reali proprietari, significa far pagare le tasse più alte ai latifondisti, oggi non accade così, infatti questi ultimi pagano le imposte come se possedessero un minifondo perché hanno troppa influenza nei municipi, che sono gli organi deputati a riscuotere queste tasse. Secondo gli esperti, il lavoro dello Stato dovrà mettere il suo focus sui territori locali e più che di leggi c'è estremo bisogno di volontà politica. Ci sembra proprio quello che manca. La volontà politica del governo è tutta nel dare potere allo sfruttamento minerario ed al settore terziario.

Punto secondo, partecipazione politica.
Secondo il sito web VerdadAbierta.com in un Paese abituato a segnalare pubblicamente e all'oppositore qualsiasi persona che abbia un'idea differente, i maggiori rischi si insidiano nella mancanza di garanzie e nella mentalità chiusa di fronte alla pluralità.
C'è accordo tra le parti nel creare un sistema di sicurezza per poter far politica ed una serie di meccanismi per tentare di proteggere i nuovi gruppi e singoli all'opposizione, specialmente quelli che nasceranno ed entreranno in politica dopo questi accordi di pace. La storia colombiana dimostra che non sarà per niente facile. Nei primi cinque anni dell'unico tentativo che ha fatto la guerriglia per partecipare alla vita politica furono uccisi due candidati presidenziali, 13 parlamentari, 70 consiglieri, 11 sindaci e centinaia di militanti. In quello stesso periodo, l'attuale capogruppo della delegazione delle FARC, Ivan Marquez, era consigliere e rappresentante della UP, ma lasciò la politica per riprendere le armi. Un decennio più tardi, nel 2004, questo movimento perse la propria personalità giuridica a causa del genocidio in cui persero la vita circa 3000 membri del partito. Ma la UP non fu l'unico obiettivo. Il Centro Nacional de Memoria Historica documenta che almeno 2018 militanti politici (principalmente di partiti di sinistra) furono assassinati tra il 1958 ed il 2010. Davvero una grande sfida questa che avrebbe bisogno di sforzi straordinari, ma la Unidad Nacional de Proteccion ha già annunciato tagli per 65000 milioni di pesos per il 2015, quindi una scrematura del 30% delle persone attualmente sotto protezione.
Inoltre il 90% dei massacri è avvenuto nelle zone rurali del Paese, nelle veredas. Fernan Gonzales, ricercatore del CINEP, riporta che in circa 5000 comuni del Paese le Autorità Statali sono presenti in maniera molto debole e in quasi 50000 veredas del Paese non sono mai esistite al di là della Forza Pubblica. Oggi la società civile colombiana sta spontaneamente vivendo un momento storico particolarmente attivo, la partecipazione politica non dipende dal fatto che si creino nuovi partiti ma che gli altri gruppi li rispettino. Ci saranno queste condizioni di sicurezza per chi lascerà le armi per una vita civile e pubblica? Grande è il pericolo che non essendoci garanzie molti di loro decideranno di ingrossare le fila di altri gruppi armati illegali e continuino a delinquere. Non si sta facendo un lavoro a nessun livello né da parte del governo, né da parte dei partiti né da parte della società civile perché la società colombiana sia preparata ad accettare e si abitui al fatto che coloro che oggi sono guerriglieri domani saranno politici e ci sia la fiducia che faranno un lavoro politico pulito e trasparente. Qui un altro punto da risolvere, l'educazione politica dei combattenti smobilitati, persone abituate per decenni a risolvere i problemi con soluzioni armate come si confronteranno con i propri oppositori politici?
Tutto questo non viene deciso a L'Avana, lì, dicono, stanno decidendo il “cosa”, il “come” lo definirà la società civile in Colombia.

Terzo punto, coltivazioni illecite e narcotraffico.
Anche qui due interrogativi per iniziare. Come cambierà la relazione tra Stati Uniti d'America e Colombia che è incentrata ora principalmente sulla lotta al narcotraffico e poi, le FARC davvero renderanno pubblico e metteranno mano sinceramente al loro coinvolgimento in questa attività illegale?
Il Plan Colombia opera da 14 anni, quest'anno le risorse investite dagli Stati Uniti in questo programma sono state di 320 milioni di dollari, molti dei quali spesi in fumigazioni. Da quest'anno però negli USA si sta parlando di riconvertire il Plan Colombia in un programma adeguato al post-conflitto, creando forti malumori e pressioni interne al Paese. Le maggiori imprese produttrici di glifosfati (potenti diserbanti utilizzati nelle fumigazioni) sono le multinazionali agroalimentari. Del maggio di quest'anno è l'accordo che il governo colombiano ha reso pubblico secondo il quale la fumigazione sarà solo l'ultimo ed estremo mezzo per distruggere le coltivazioni illecite e sempre sarà preventivamente concordato con i campesinos.
Nel rinunciare ad un'attività tanto redditizia le FARC dovranno dimostrare una fortissima coesione ed un fortissimo coordinamento. Secondo l'organizzazione InSight Crime le FARC sono il movimento insurgente più ricco al mondo, il loro maggior introito è appunto il narcotraffico ed è stimato tra i 500 ed i 1000 milioni di dollari all'anno. Si presenterà il rischio molto concreto che alcuni “blocchi” delle FARC, tra i più impegnati nel narcotraffico, decidano di continuare su questa strada con tutto il necessario sistema criminale per portarla avanti. Alcuni di questi sono il blocco Nordoccidentale (del quale si conoscono le relazioni di affari con i gruppi paramilitari dei “Rastrojos”, Urabeños” e la “Oficina de Envigado) quello del Sud (che sembra sia vincolato al Cartello di Sinaloa – Messico) e quello Orientale (del quale il fronte 16 fu il pioniere all'interno delle FARC dell'esportazione di cocaina). Se tutto questo finirà potrà esserci un post-conflitto più violento del conflitto, ELN e paramilitari si daranno battaglia per occupare questi spazi.
C'è molto scetticismo su questo punto, la maggior parte di chi segue da vicino questi accordi sostiene che i discorsi di L'Avana sono per il compiacimento di una platea internazionale, mentre le azioni sul territorio andranno in un'altra direzione.
Infatti, comunque andranno avanti i colloqui a Cuba i discorsi internazionali sugli investimenti in Colombia hanno da tempo preso, e di gran carriera, la piega del post-conflitto, senza che di fatto esista nessun cambiamento reale in questa prospettiva. Durante questi due anni di colloqui di pace, il Presidente Santos non ha mai smesso di incitare i propri militari a combattere duramente ed eliminare i guerriglieri, “narcoterroristi” nemici dello Stato.
Un esempio molto chiaro di come si vuole presentare, e vedere, la situazione fuori dalla Colombia è la settimana colombiana in Italia che sta avendo luogo in questi giorni a Milano, incentrata sul turismo, tema centrale per il Presidente colombiano. “L'unico rischio è quello di voler restare” recita il claim. Cultura, natura, spiagge, crociere, avventura, città, arte, sport, caffè, fiori, carnevale ecc...
L'Italia è attualmente al 16º posto per numero di turisti diretti in Colombia ma il trend è in forte crescita, + 20% nel 2013, grazie anche a numerosi nuovi voli diretti di note compagnie aeree europee.
Medellin è stata proclamata “città più innovativa del mondo” dal Wall Street Journal nel 2013 e nel 2015 l'Organizzazione Mondiale del Turismo tornerà proprio a Medellin.