Il rumore dell’acqua

E sono contenta
Di essere viva
E di avere sentito
Il rumore dell’acqua

Accoccolata su una delle rocce che costellano l’orto di H mi perdo ancora una volta nella bellezza del tramonto su Yatta. C’è un momento preciso, il mio preferito, dove il cielo si colora di rosso, bianco e blu, qualche minuto prima del calare del buio. Fa fresco ora, tira un venticello leggero.
Alle mie spalle troneggia una torretta militare israeliana costruita dopo il 7 ottobre sullo spazio dove l’anno scorso abbiamo piantato pomodori, ulivi, cipolle, melanzane. Non c’è più nulla, ci sono passati sopra con il bulldozer qualche mese fa appiattendo tutto: muretti, piante, sistema di irrigazione. I tubi giacciono per terra, tagliati in tanti pezzi uno più corto dell’altro. Sono decine di metri, tutti spezzettati.

“Non puoi lavorare qui” hanno detto ad H i soldati coloni nelle ultime settimane. Troppo vicino alla colonia, motivi di sicurezza, zona militare chiusa; ogni scusa è buona.

“Va bene” ha risposto lui “ma non poter lavorare non significa non poterci stare. E allora ecco gli asini, spostati su quello che rimane del giardino, per avere una scusa per entrarci comunque tutti i giorni: portargli da bere, dargli da mangiare. Un asino di qua, un asino di là, ci si muove piano piano riguadagnando terreno e, con piccole mosse nascoste, giorno dopo giorno, metro dopo metro, il tubo si ricompone. Un pezzo dal diametro più piccolo si incastra con uno dal diametro più grande e così via, piano piano, con costanza, muovendo asini come copertura. Un pezzo di tubo in più, una chiacchiera, un altro pezzo, un bicchiere di caffè, l’ultimo pezzo, un’occhiata a dove stanno le capre per non farle allontanare troppo. La calma è la virtù dei forti e soprattutto non attira troppo l’attenzione e gli sguardi dalla colonia.

E così, all’improvviso, mentre sto accoccolata a perdermi nel tramonto, il rumore dell’acqua nel tubo alle mie spalle. Quasi impercettibile, ma inconfondibile. Le piante non hanno acqua da dieci giorni, oggi ne avranno. Non tutte, forse non tutta quella che serve, ma ne avranno, un pezzo di tubo alla volta, una giornata alla volta.

Mi viene da sorridere. Spesso a casa mi chiedo che senso ha tornare e ritornare qua quando le cose sembrano sempre più disperate e senza via d’uscita. Non trovo mai la risposta, forse perché mi pongo la domanda sbagliata, forse perché me la pongo nel luogo e nel momento sbagliato. Da qui è sempre tutto più chiaro.

E sono contenta
Di essere viva
E di avere sentito
Il rumore dell’acqua

Benni