COMUNICATO STAMPA 20/3/24

Ieri mattina in Colombia sono stati uccisi una donna ed un ragazzo appartenenti alla Comunità di Pace di San José de Apartadó. Le vittime sono Nayeli Sepulveda, 30 anni ed Edison David, 15 anni, rispettivamente moglie e fratello di uno dei leader della Comunità di Pace. Il duplice omicidio è stato compiuto con colpi d'arma da fuoco la mattina del 19 marzo 2024 presso il villaggio La Esperanza, nel Dipartimento di Antioquia.

«Nelle ultime due settimane noi di Operazione Colomba eravamo presenti in qualità di osservatori internazionali nel villaggio La Esperanza proprio a causa degli ultimi attacchi ricevuti. Io ero ripartita da quel villaggio il giorno prima del massacro» spiega Monica Puto, operatrice di Operazione Colomba, il corpo nonviolento di pace della Comunità di don Benzi.

«La Comunità di Pace aveva subito di recente diversi attacchi: – continua Puto – invasioni di terreno nella proprietà privata Las Delicias, all'interno del villaggio, danni materiali a beni di sua proprietà, minacce, calunnie per screditare la resistenza pacifica che portano avanti da 27 anni per proteggere la loro terra da grandi progetti estrattivi. Il Municipio di Apartadò, gli enti locali e il governo nazionale erano a conoscenza di quanto stesse accadendo prima del massacro».

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Se mi penso e agisco come individuo non sono sufficiente,
mi trovo a scendere, a senso unico, ad un compromesso dopo l’altro.
In alternativa la morte mia o delle persone che amo.

L’unica risposta, forma di resistenza, al sistema di violenza è collettiva:
è richiesta di giustizia, riconoscimento, promessa di non ripetizione,
rifiuto dell’individualizzazione.

Se mentre cerco di soddisfare le necessità materiali
non mi volgo a seguire degli ideali
rimane l’arido sé
in una vita che obbedisce o impone di obbedire a ordini con la violenza
o, sull’altra sponda dell’oceano, in una piatta, funzionante, funzionale esistenza
nella placida fortezza Europa:
trappole senza uscita.

Quindi mi lascio penetrare, nel profondo di ogni fibra,
dalla responsabilità che non schiaccia
ma che è benedizione
di sentirmi parte dell’umanità,
questa tumultuosa, vibrante, a volte zoppicante umanità.

Erica

Vivere immersi nella natura. Desiderare una quotidianità in un paradiso terrestre, pieno di terra fertile, alberi, animali, acqua. Vita.
Dove ci sono abbastanza risorse per tutti, per vivere più che dignitosamente, seguendo lo stile di vita campesino, fatto di duro lavoro, umiltà e contatto con la Terra. Senza giorni di ferie, di malattia, senza datori di lavoro, ma con la sola responsabilità di raccogliere quello che si è lavorato. Duro lavoro iniziale, che poi, negli anni, potrà venire ricompensato.
Ecco, questo non è possibile, perché sotto questo paradiso apparente, nel nord-ovest della Colombia, si nasconde l’inferno. Un inferno ormai presente da un tempo lunghissimo, conseguenza di un conflitto sanguinoso che affligge il popolo di questo Paese da decenni.
Un conflitto che diversi attori, stranieri e non, anche complici di una diabolica logica del profitto, hanno e continuano a perpetuare, soffiando sul fuoco della violenza.
E’ così che una comunità, una famiglia, un padre, una madre, un figlio, non sono liberi di vivere come vorrebbero a causa delle minacce, dirette e indirette, perpetrate dai gruppi armati illegali, la cui presenza si rende sempre più palese e visibile, anche attraverso azioni di arruolamento di nuovi elementi e appropriazione dei terreni circostanti.

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Se libertà significa
ubriacarsi allo stesso tavolo di corrotti e assassini,
libertà non è quello che voglio.
Io cerco l’autonomia
di scegliere che cosa sia giusto
di discernere e nominare l’ingiusto
di pensare e agire sulla base della memoria.
Se libertà significa
comprare un apparire nuovo al prezzo di essere schiavo,
libertà non è quello che voglio.
Io cerco l’autonomia
nel seminare varietà autoctone, che sanno moltiplicarsi
nel coltivare quello di cui mi nutro
nel disporre al meglio del mio tempo.
Se libertà significa
ricevere denaro in cambio di vincoli e oblio,
libertà non è quello che voglio.
Io cerco l’autonomia
per immaginare e costruire un futuro differente.
In questo mondo di parole fragili
riflettere e riconoscere significati condivisi
è accendere luci.

Erica

Ciò che importa è la vita.
La vita viene prima di tutto.
Anche quella di chi ha tradito la fiducia,
se ne è andato,
ha rubato,
consegnato informazioni a corrotti e violenti,
collaborato con gli assassini di coloro a cui camminava al fianco,
minacciato di morte
e si è dichiarato disposto a uccidere.
Prima della vendetta.
La vita viene sempre e comunque prima di tutto,
Anche se questo significa mettere a rischio la propria.

Erica